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L’opera nel Settecento

Tra la fine del Seicento e i primi decenni del Settecento si afferma Alessandro Scarlatti, che amplia le strutture del melodramma, stabilendo la forma dell’aria col da capo, e arricchisce l’elemento timbrico dell’orchestra, che si basa sugli strumenti ad arco, ornati da trombe, flauti, oboi e fagotti.

Vivaldi
Antonio Vivaldi

Al principio del Settecento, inoltre, si afferma la tendenza a iniziare l’opera con un brano strumentale, l’ouverture, distinta in ouverture all’italiana, suddivisa in tre parti (allegro – adagio – movimento di danza veloce), e ouverture alla francese, suddivisa in due parti (introduzione lenta – movimento vivace).

Un famoso esempio di opera spettacolare veneziana è l’Orlando Furioso di Antonio Vivaldi (Venezia, 4 marzo 1678 – Vienna, 28 luglio 1741), rappresentata per la prima volta al Teatro Sant’Angelo di Venezia il 10 novembre 1727, in una stagione operistica gestita proprio da Vivaldi come impresario. I cantanti (che in quel periodo diventano dei grandi e famosi divi del palcoscenico) sono impegnati in ricche e virtuosistiche parti vocali, l’accompagnamento strumentale è già affidato a un’orchestra d’archi di una certa dimensione che non è solo un sostegno al canto ma un elemento importante, il libretto è tratto da un poema che è un best seller sin dall’epoca rinascimentale e le scenografie sono sontuose.

Metastasio
Pietro Metastasio

Il XVIII secolo, l’epoca dell’Illuminismo, è anche il momento in cui il poeta Pietro Metastasio attua una riforma dell’opera lirica, stabilendo delle regole, dei canoni formali, per la drammaturgia e le arie delle opere serie, cercando così di porre un limite alla composizione di opere che mettevano in scena solo l’abilità e il virtuosismo dei cantanti. Metastasio scrisse un gran numero di libretti d’opera che vennero messi in musica dai più importanti musicisti del secolo fra i quali Pergolesi, Scarlatti e Mozart.

Pergolesi
Giovan Battista Pergolesi

Intanto i musicisti della scuola napoletana, nella prima metà del Settecento, cominciarono a inserire tra un atto e l’altro di un opera seria dei brevi “intermezzi comici” che ottengono un così caloroso successo da portare alla creazione di un nuovo genere, l’Opera buffa, di argomento più leggero, basata su storie prese dalla vita di tutti i giorni con situazioni e personaggi comici, un genere quindi più adatto a un pubblico non nobile ma borghese o popolare. Uno degli esempi più celebri di questo genere è La Serva Padrona, di Giovan Battista Pergolesi, composta su libretto di Gennaro Antonio Federico, e rappresenta la prima volta al Teatro S. Bartolomeo di Napoli il 28 agosto 1733. La musica è più vivace, i dialoghi e le battute più incalzanti, tutta la rappresentazione teatrale è più vicina alla vita reale.

La rappresentazione de La Serva Padrona di Pergolesi a Parigi nel 1752 (sedici anni dopo la morte dell’autore) innescò la Querelle des Bouffons (in italiano: La disputa dei buffoni), una polemica fra i sostenitori dell’opera seria francese che seguiva il modello di Lully e l’opera buffa di Pergolesi caratterizzata da una maggiore cantabilità melodica della musica e soprattutto dalla vivacità dell’intreccio. Fra i sostenitori dell’opera buffa si schierarono Rousseau, Diderot e gli Enciclopedisti, cioè gli intellettuali dell’Illuminismo francese, mentre i sostenitori dell’opera seria francese erano attorno al compositore più famoso di Parigi, Jean-Philippe Rameau.

Nella seconda metà del Settecento Mozart e Gluck sono i protagonisti di un’evoluzione dell’opera lirica nella direzione di una maggiore aderenza della musica e del canto all’azione scenica.

Gluck
Christoph Willibald von Gluck

Christoph Willibald von Gluck (Erasbach, 2 luglio 1714 – Vienna, 15 novembre 1787) propose un ritorno allo spirito della tragedia greca, alla semplicità dell’intreccio, all’eliminazione di tutti gli elementi che non erano strettamente necessari per lo svolgimento drammatico dell’opera, a una maggiore integrazione dell’orchestra, dei cantanti e del coro, aprendo così la strada al futuro dell’opera romantica. Così nelle sue opere Gluck abbandona i virtuosismi vocali fini a se stessi, rende più espressivi i recitativi, fa aderire la musica alla vicenda scenica, anche andando contro gli schemi convenzionali.

Mozart
Wolfgang Amadeus Mozart

Wolfgang Amadeus Mozart (Salisburgo, 27 gennaio 1756 – Vienna, 5 dicembre 1791) scrisse un gran numero di melodrammi e alcuni di essi rappresentano un momento fondamentale nella storia dell’opera lirica: le tre opere scritte su libretto di Lorenzo Da Ponte, Le nozze di Figaro, Così fan tutte e Don Giovanni, sono tre grandi capolavori che superano tutti gli schemi e le convenzioni del Settecento; mettono in scena intrecci strutturati efficacemente e supportati dalla linearità del discorso musicale e personaggi musicalmente ben caratterizzati nella loro psicologia: sono opere in cui la musica dà un senso di continuità emotiva allo svolgimento drammatico con il quale si integra perfettamente.

Mozart diede anche un notevole impulso al melodramma in lingua tedesca e al singspiel, uno spettacolo teatrale nel quale si alternano parti recitate e parti cantate, di cui è massimo esempio l’ultimo grande capolavoro di Mozart: Il Flauto Magico.

Al genere del singspiel appartiene anche l’unico lavoro operistico di Ludwig van Beethoven, il Fidelio, rappresentato nel 1805, e poi successivamente rimaneggiato e ripresentato nel 1806 e nel 1814; nell’opera beethoveniana va in scena il grande contrasto fra la libertà e la tirannia e il tema dell’affermazione universale della giustizia.