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L’opera nell’Ottocento: Gioachino Rossini

Il melodramma ebbe un posto fondamentale nella società del XIX secolo; in Italia, in particolare, l’opera dominò la scena musicale e culturale, mettendo in ombra la musica strumentale, mentre, soprattutto nell’area di lingua tedesca, la musica strumentale e quella operistica ebbero eguale spazio, tendendo anche a fondersi.


Gioachino Rossini

La figura centrale del melodramma del primo Ottocento fu Gioachino Rossini (Pesaro, 29 febbraio 1792 – Parigi, 13 novembre 1868). A diciott’anni, nel 1810, egli debuttò con la sua prima opera, La cambiale di matrimonio, a Venezia; negli anni immediatamente successivi presentò varie altre opere, con alterni successi, nei teatri di Roma, Bologna, Venezia e Milano e nel 1813 con Tancredi e L’Italiana in Algeri il giovane Rossini divenne una vera e propria star internazionale.

A Roma, nel 1816, andò in scena uno dei suoi più grandi capolavori, Il Barbiere di Siviglia; in quest’opera, che era stata già musicata da Giovanni Paisiello nel 1782, Rossini dimostra tutta la sua maturità artistica, dando un senso di continuità e di vitalità allo svolgimento musicale; le parti vocali sono ricche di estrosa inventiva e sono accompagnate da una virtuosistica orchestrazione. All’interno del Barbiere di Siviglia trovano posto alcuni dei brani più famosi del compositore, quali Una voce poco fa e Largo al factotum della città.

Fino al 1823 Rossini produsse una ventina di opere serie e comiche, fra le quali Otello e La Cenerentola. Proprio in quest’ultima opera, pur appartenente al genere buffo, Rossini dedica una particolare attenzione alla psicologia della protagonista, che appare come una figura tenera e malinconica, immersa in un vortice di comicità che le sta intorno.

Nelle sue numerose opere Rossini portò a compimento la tradizione dell’opera buffa settecentesca e poco a poco ne abbandonò sempre di più il realismo da farsa incamminandosi verso una sperimentazione di un teatro musicale in cui vi fosse una “comicità assoluta” con momenti al limite del surreale, dove l’azione scenica si ferma per dar posto a ripetizioni continue e vere e proprie acrobazie vocali fini a se stesse, come nel Settimino “Nella testa ho un campanello” dell’Italiana in Algeri.

Rossini riuscì a realizzare anche una sintesi fra gli elementi dell’opera buffa e dell’opera seria, scambiandone reciprocamente gli elementi, introducendo anche degli elementi comici nell’opera seria, creando così l’opera semiseria, un’opera cioè in cui si integrano nel teatro drammatico situazioni e personaggi da commedia, una tendenza che sempre di più prenderà piede nel teatro romantico dell’Ottocento.

Nel 1824, dopo il successo di Semiramide, la sua ultima opera scritta in Italia, Rossini si trasferì a Parigi dove le sue nuove opere furono sempre accolte in modo trionfale dal pubblico. Nel 1829 compose la sua ultima opera, il Guglielmo Tell, con la quale, a trentasette anni, si ritirò dal teatro, dedicandosi solo alla composizione di brani strumentali e per coro.

Nella sua ultima opera Rossini crea una grandiosa architettura con grandi masse corali e orchestrali e suggestive scene che si ispirano a elementi naturalistici rivissuti attraverso una sapiente orchestrazione; con le sue caratteristiche innovative il Guglielmo Tell rappresenta un grande modello per il melodramma romantico.

Con la sua ultima opera Rossini si allontana ormai definitivamente dal modello dell’opera settecentesca, segnando nuove vie davanti alle quali lui stesso si fermò senza più andare avanti.